A voce alta: una poesia di Emily Dickinson

In questo periodo di clausure volontarie (o meno), il pensiero va subito a Emily Dickinson, a una straordinaria poetessa che per tutta la sua (breve) vita rimase confinata tra le quattro mura della sua casa e lo spazio del suo giardino (forse solo una volta uscì per partecipare a un funerale), probabilmente per una grave forma di agorafobia.

Scrisse più di 1600 poesie, ritrovate dopo la sua morte: in vita ne aveva pubblicate una manciata, spesso con uno pseudonimo maschile, per potersi guadagnare il rispetto della pubblicazione. Ma seppe, con la sua scrittura potente e cristallina, costruirsi mondi narrativi alternativi, ampi e spaziosi, i quali, come nella poesia che leggo, ci possono aiutare a ri-dare un senso nuovo e più compiuto al mondo che stiamo vivendo e al mondo che vorremo costruire una volta evasi dalle nostre casalinghe prigioni.

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Autore: Giulio Gasperini

Nato nella Maremma toscana trent'anni fa (ora più, ora meno), studente a Firenze e Roma, adesso operatore sociale ad Aosta. Senza dubbio si può definire un "migrante". Ma solo per passione, perciò fortunato. Al quarto libro di poesie ("Migrando", END Edizioni, 2014), cercare di star fermo il meno possibile: non ha ancora trovato nessun antidoto (ammesso che lo stia cercando) alla sua irrequietudine. In uscita, il libro da lui curato con la collega Tiziana Gagliardi "Stran(i)eri. Storie di alfabetizzazione" (END Edizioni, 2019) che raccoglie l'esperienza dei tre anni della Scuola di italiano DoubleTe per richiedenti asilo e profughi di Aosta.

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